La nostra Storia

L’agriturismo Montagna Verde nasce il 15 luglio 1995 con l’inaugurazione dei locali appena ristrutturati dell’antica Torre, collocata tra gli antichi borghi medievali di Apella e Taponecco, in Lunigiana, nell’alta Toscana. L’edificio era abbandonato da decenni e col tempo si era fortemente deteriorato, come le immagini dell’epoca ci possono testimoniare. Fu grazie all’idea e all’opera di Mario Maffei, il titolare dell’agriturismo, che fin da bambino giocava in questi locali, che la struttura è stata restituita al suo antico splendore, dominando, come in passato, la valle dei torrenti Taponecco e Taverone, affluenti del fiume Magra, e i secolari castagneti e pascoli del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano. E’ oggi considerata una delle Torri più suggestive della Lunigiana, terra di antica civiltà e antiche tradizioni.

L’Apella, tipico insediamento rurale montano, risale a qualche tempo successivo, verosimilmente intorno al 1300 circa, anche sulla base della configurazione architettonica dell’abitato, e il suo nome dovrebbe indicare “Abete Bianco” che in epoche remote dominava copioso le pendici appenniniche del luogo. Oggi proprio all’Abete Bianco è intitolato il Bioparco dell’Agriturismo.
Il sito apparteneva sino ai primi del ‘400 ai marchesi Malaspina di Olivola, uno dei tanti feudi in cui la Lunigiana era suddivisa, il cui centro nell’alta valle era l’abitato di Varano. Vuole la tradizione, accolta dagli storici, che nel 1411 Varano e le sue dipendenze si sollevassero contro i Marchesi di Olivola, uccidendone due in Varano (anche se una diversa tradizione racconta che furono uccisi nella torre di Apella, in quello che è ricordato come “eccidio della Torre”). A dar vita a tale rivolta , sarebbe stato un certo capitano Rossi di Tavernelle che tornato dalla Francia apprese che i marchesi avevano abusato della moglie. In effetti, dal 1413 Apella e Taponecco, insieme a Varano, e paesi vicini, quali Ripola e Tavernelle, si dettero agli Estensi, con capitale a Ferrara e poi a Modena. Fino praticamente all’Unità di Italia, salva la parentesi napoleonica, il territorio restò soggetto agli estensi con capoluogo di podesteria Varano. Sia Apella che Taponecco ottennero alcune condizioni particolari e agevolazioni, in virtù della loro antica importanza.
Ad Apella nacque inoltre Biagio Nardi che con il nipote Anacarsi Nardi, entrambi avvocati, ebbe parte con ruolo preminente ai moti del 1831 a Modena. Fuggiti i Duchi di Modena, Biagio venne eletto “dittatore” di Modena, nel senso romano del termine, e Anacarsi ne fu il segretario particolare. Al ritorno del Duca, dovette insieme al nipote lasciare la città e rifugiarsi in esilio a Corfù, dove poi morirà. Anacarsi Nardi nel 1844 si unirà ai fratelli Bandiera, che a Corfù ebbe modo di frequentare, in quella che è passata alla storia come “spedizione dei Fratelli Bandiera”, nel Regno delle Due Sicilie con l’intenzione di provocare una rivolta in quelle terre, ma, fallita l’impresa sarà fucilato presso Cosenza. I suoi resti sono stati recuperati e oggi sono collocati nel monumento-ossario di marmo bianco di Carrara, conservata in Piazza Municipio a Licciana, capoluogo del comune a cui Apella e Taponecco appartengono. Nel 1933 Licciana si diede cognome Nardi per celebrare e onorare la memoria dei due eroi del Risorgimento e la casa natale, ad Apella, dopo decenni di incuria e abbandono, è stata recuperata nel 2006 dall’Amministrazione Comunale di Enzo Manenti e dal Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano come Centro Visita del Parco link, gestito dall’agriturismo Montagna Verde.

Il sito ebbe un ruolo importante anche durante la Resistenza, dato che dal 8 settembre 1943 in poi, ad Apella e Taponecco, trovarono accoglienza giovani partigiani, e Apella fu praticamente fino al luglio 1944 sede del comando della Brigata partigiana conosciuta come 37B, di cui un distaccamento era stanziato sopra il paese, al Tecchio dei Merli. Questa brigata fu sconvolta dal grande rastrellamento del 1-5 luglio 1944, durante il quale un certo numero di civili venne imprigionato dai nazifascisti e deportato in Germania. Tra questi ricordiamo Abramo Landini, nonno di Mario Maffei, che fortunatamente tornò vivo dalla Germania dopo la fine della guerra. Nell’ottobre 1944, costituitasi la Brigata Garibaldi “Leone Borrini”, si ebbero distaccamenti ad Apella presso l’antica torre, dove nei locali che fungevano da canonica, si trovava la sede del II Battaglione “Ardito” col distaccamento “Giannotti”, comandato da Sergio Lerici (Athos) , con il commissario Aristide Batti (Marco). Tra le persone ospitate a Taponecco, dalla famiglia di Abramo Landini, ricordiamo lo storico Giulivo Ricci, morto alcuni anni fa, che ci ha lasciato gran parte delle informazioni sul territorio, qui in sintesi riportate, e per le quali ringraziamo oggi la sua famiglia.
Oggi il sentiero che da Tavernelle giunge ad Apella, inserito nella rete sentieristica conosciuta come ”Lunigiana Trekking ”, è stato ribattezzato “Il Sentiero della Resistenza” dalla sezione ANPI di Licciana Nardi, che ha curato nell’autunno 2014 il posizionamento di cartelli informativi lungo il percorso. I cartelli, realizzati anche con il patrocinio del Gal Lunigiana Leader e del Parco Nazionale, riportano e illustrano importanti testimonianze e riflessioni sulla Resistenza lasciate da storici, giornalisti, poeti, uomini e donne illustri.
Nell’immediato dopoguerra, Apella subì un significativo abbandono, secondo un destino condiviso con la maggior parte dei borghi rurali del nostro Appennino, se si pensa che passò dai 200 abitanti circa di fine ‘800 a poche famiglie, tra cui quella di Mario Maffei che qui è nato e cresciuto, e ha deciso di rimanere. Solo verso la fine degli anni ’80, quando ormai anche l’unico locale del paese “L’Osteria del Re dell’Apella” veniva chiusa, Mario decise di creare una cooperativa agricola, coinvolgendo i pochi abitanti di Apella e Taponecco, con lo scopo primario di gestire la raccolta dei frutti del sottobosco e delle castagne, da sempre prodotte in abbondanza nei bellissimi castagneti-giardino che circondano il paese, altrimenti a rischio di abbandono. Ciò ha consentito fino ai giorni nostri la sopravvivenza di un’economia locale, legata principalmente al castagneto da frutto e al porcino, e al rinnovato interesse per questo territorio e la sua ruralità, che ha subito un decisivo impulso con la nascita dell’agriturismo e della relativa cooperativa agricola, di cui oggi sono soci anche i figli di Mario, Barbara e Luca Maffei. E proprio a loro, e al loro giovanili entusiasmo e passione, si deve un rinnovato impulso allo sviluppo, in chiave sostenibile, dell’azienda, che oggi ha il merito anche di aver recuperato parte del borgo di Apella, salvandolo da un inesorabile declino e abbandono.

Il Territorio dove è nato l’agriturismo è stato abitato, infatti, sin dalla Preistoria, come ci attesta il ritrovamento di una bellissima statua-stele durante i lavori di allargamento di una strada, subito sottostante la Torre, e sopra le case più alte del borgo di Taponecco. Il menhir si trova oggi nel Museo delle statue stele della Lunigiana, nel Castello del Piagnaro di Pontremoli, classificato con il numero 49 e appartenente al gruppo B, risalendo verosimilmente all’epoca eneolitica (fra il 3400/3300 e il 2300/2000 a.C.). In agriturismo ne è presente una riproduzione in arenaria.

Quando siano sorti i villaggi di Apella e Taponecco, e la stessa Torre non è possibile dirlo. L’edificio sovrasta il borgo di Taponecco, di cui in passato ne era in qualche modo il “castrum”, poiché sembra si possa affermare che intorno ad esso sia esistito un borgo murato, di cui la torre era l’elemento dominante, con scopo difensivo, per l’avvistamento e il collegamento ottico del territorio circostante. Dall’alto della Torre è ancora possibile vedere il campanile del villaggio di Varano e i resti del “castellaro” di Torre Nocciola, molto più a valle. Si può, infatti, ritenere che in passato si effettuassero, attraverso segnalazioni luminose e giochi di specchi tra queste torri, comunicazioni tra territori distanti anche molti chilometri, sulla importantissima viabilità dell’epoca, la “Via del Sale” o “Strata Lizane”, di collegamento tra la Pianura padana e il mare Tirreno, attraverso il Passo del Lagastrello (o di Linari).

Si ipotizza che la Torre sia sorta poco oltre il Mille e a quella data è anche ascrivibile il sorgere di Taponecco, che negli antichi documenti è indicata sempre come “castrum” ossia luogo fortificato; di una “cappella” di Taponecco ne abbiamo notizia già nel 1187, citata nei documenti della Diocesi di Luni-Sarzana . Taponecco conserva tracce della propria antichità nello sviluppo del borgo e nelle caratteristiche delle strutture murarie: si tratta di un interessantissimo “borgo in galleria” con numerosi passaggi voltati in pietra che ricordano un percorso labirintico. La chiesa odierna, intitolata a Santa Maria Assunta, collocata vicino alla Torre, è citata nella relazione della visita pastorale del 1568, da cui si evince che si trovava dove l’attuale, separata dalle abitazioni ed esposta al vento delle “Alpi” cioè dell’Appennino, che in effetti in passato gli abitanti chiamavano Alpi. Si legge anche che la costruzione del campanile della chiesa è stata interrotta, e si deduce quindi che sia stata scelta come collocazione della cella campanaria, forse qualche tempo più avanti, la stessa sommità della Torre, dove ancora oggi sono conservate le antiche campane in bronzo che scoccano le ore nella valle (con la sola interruzione serale e notturna). La Torre divenne pertanto un luogo religioso, con successivi ampliamenti della struttura muraria ad essa connessa che divenne sede di un monastero, e infine , prima di essere abbandonata, canonica con abitazione del parroco. L’ultimo parroco, Don Candido visse qui fino al 1956, successivamente la Torre fu abbandonata e disabitata fino agli anni novanta. Fu proprio nel 1990 che Mario Maffei iniziò gli imponenti lavori di ristrutturazione e recupero dell’immobile, con l’ambizioso scopo di farne un agriturismo, uno dei primi della Lunigiana e della Toscana stessa.